mercoledì 29 ottobre 2008

Manifestazione Roma 08: Reggio Emilia c'è....

Un sabato che rimmarrà nel cuore e nella testa di ognuno di noi. Emozioni enormi, persone meravigliose che lottano per un futuro migliore, per un paese migliore. Era da tempo che non si vedeva una partecipazione così grande. Tantissimi giovani, anziani, famiglie, insomma tanta tanta gente!!!!! E non 300.000 come qualcuno ha voluto far credere...











e durante il viaggio a Roma....








lunedì 27 ottobre 2008

Tasse Universitarie...quando ottenere i benefici diventa una mission impossible

In tema di riforma della scuola e dell'Università, vorrei raccontare l'avventura dei tanti studenti che, come me stamattina, si sono trovati o si trovano ad affrontare in questi ultimi giorni di iscrizioni alle Università italiane, la richiesta di benefici e contributi. Se anche voi siete iscritti ad una qualsiasi facoltà italiana e vi trovate a fare i conti con il primo bellissimo bollettino per il pagamento della prima retta universitaria che equivale ad un importo stratosferico di euro, non disperate se avete un bel po' di pazienza, tempo, e se avrete fortuna forse potrete accedere ad un contributo o a una riduzione di fascia contributiva che vi consentirà di pagare meno.
Ma se avete una casa di vostra proprietà (anche di 30 metri quadrati) o non abitate da soli da almeno 2 anni in una casa esterna al nucleo familiare o se non avete un reddito superiore ai 7.000 euro o ancora se avete qualche libretto postale... le vostre possibilità di raggiungimento dei contributi diminuiranno drasticamente...
Sembra assurdo ma è proprio così. Nel mio caso ad esempio non sono titolare di alcun titolo se non di un conto corrente con meno di 5.000 euro, ho solo un reddito che è dato dal mio stipendio mensile che non è certo quello di un paperon de paperoni e che mi consente di arrivare a malapena a fine mese, non ho immobili di mia proprietà e vivo da sola da luglio 2008 in un appartamento che appartiene a mia mamma ma del quale pago ogni spesa e contributo... Mi sono iscritta qualche settimana fa ad una Facoltà di Bologna perchè dopo una prima laurea in Lingue e Culture Europee conseguita nel 2006, mi vorrei specializzare come studente non frequentante visto che lavoro, in Linguistica. Dato l'importo di tasse annuali (oltre i 2000 euro) e visto che non navigo nell'oro... ho pensato di fare domanda per la riduzione di tasse universitarie. Nonostante io abbia un reddito minimo e viva da sola non ho potuto accedere ai benefici, perchè le uniche due condizioni per essere considerati studenti indipendenti sono vivere in una casa che non appartiene alla famiglia da almeno due anni e avere un reddito superiore ai 7.000 euro. Altrimenti bisogna fare una dichiarazione ISEE con tutti i redditi e patrimoni dei genitori.
Ora mi spiegate perchè se un ragazzo o una ragazza vive da solo e si paga ogni minima cosa con i suoi soldi con fatica e senza poter accedere ai redditi dei genitori deve fare una dichiarazione isee con i patrimoni di tutta la famiglia? Non vi pare un controsenso? Faccio figurare un reddito di cui in realtà non dispongo personalmente? Con il valore di un immobile o qualche reddito dei propri genitori la possibilità di ottenere un contributo diventa quasi irragiungibile.
Così tu sei indipendente, a fatica riesci ad arrivare a fine mese e a pagarti gli studi e non puoi nemmeno sperare in un aiuto dello stato perchè comunque figuri un paperon de paperoni???? Ma dove viviamo nel paese dei controsensi?
E non è finita...udite, udite... se vi siete sposati da poco o convivete anche solo da una settimana allora potreste avere più fortuna, nel senso che al vostro reddito personale verrebbe sommato solo quello del compagno quindi se non avete patrimoni o redditi enormi forse ce la potreste fare... forse... perchè in questo paese ogni giorno si cambiano le regole...
La cosa che mi lascia più perplessa di tutta questa faccenda è che alle famiglie e alle persone oneste che denunciano ogni minimo risparmio viene negato un contributo o un aiuto economico mentre ai cosidetti "furbetti" che hanno conti bancari e soldi ovunque che spesso non denunciano nemmeno un centesimo, viene riconosciuto il diritto al contributo ridotto.
E' un incubo o è realtà?

domenica 19 ottobre 2008

Due regali speciali....:-)

Dopo mesi di ascolto forzato...un piccolo regalo per Ico e Simo.... (ormai trasmesso dalle radio a iosa....:-)



Simpson for Obama:-)

In clima di elezioni americane.... Homer 4 President:-)!!!!

mercoledì 15 ottobre 2008

Quanto pesa la libertà di parola in Italia...


Quanto pesa la libertà di parola in Italia? Ci si può ancora definire liberi in questo paese? E quanti di noi avrebbero il coraggio di dire ciò che pensano o di raccontare storie di dura verità anche a costo di rimetterci la propria vita?
Forse non molti... Ma Roberto Saviano si. Questo ragazzo di 28 anni di grande coraggio e straordinaria forza l'ha fatto: ha raccontato una delle più scomode verità italiane e ora si trova a dover girare con la scorta e a lasciare il proprio paese per poter vivere una vita normale.
La lettera uscita nelle prime pagine di Repubblica di oggi, è un esempio di straordinaria forza e coraggio, l'ennesimo grido di allarme di una tragedia preannunciata che si potrebbe evitare se ognuno di noi si attivasse per dare a questo ragazzo ogni appoggio e aiuto possibile.
In un paese normale e civile le persone che hanno il coraggio di battersi contro le ingiustizie devono essere aiutate e non dovrebbero ritrovarsi nella condizione di lasciare la propria nazione per poter sperare di vivere.
Le parole di Saviano contenute nella lettera pubblicata da Repubblica oggi:
"ANDRO' via dall'Italia, almeno per un periodo e poi si vedrà...", dice Roberto Saviano. "Penso di aver diritto a una pausa. Ho pensato, in questo tempo, che cedere alla tentazione di indietreggiare non fosse una gran buona idea, non fosse soprattutto intelligente. Ho creduto che fosse assai stupido - oltre che indecente - rinunciare a se stessi, lasciarsi piegare da uomini di niente, gente che disprezzi per quel che pensa, per come agisce, per come vive, per quel che è nella più intima delle fibre ma, in questo momento, non vedo alcuna ragione per ostinarmi a vivere in questo modo, come prigioniero di me stesso, del mio libro, del mio successo. 'Fanculo il successo. Voglio una vita, ecco. Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e scegliermi un libro leggendo la quarta di copertina. Voglio passeggiare, prendere il sole, camminare sotto la pioggia, incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me come se fossi un malato terminale e loro fossero alle prese con una visita noiosa eppure inevitabile. Cazzo, ho soltanto ventotto anni! E voglio ancora scrivere, scrivere, scrivere perché è quella la mia passione e la mia resistenza e io, per scrivere, ho bisogno di affondare le mani nella realtà, strofinarmela addosso, sentirne l'odore e il sudore e non vivere, come sterilizzato in una camera iperbarica, dentro una caserma dei carabinieri - oggi qui, domani lontano duecento chilometri - spostato come un pacco senza sapere che cosa è successo o può succedere. In uno stato di smarrimento e precarietà perenni che mi impedisce di pensare, di riflettere, di concentrarmi, quale che sia la cosa da fare. A volte mi sorprendo a pensare queste parole: rivoglio indietro la mia vita. Me le ripeto una a una, silenziosamente, tra me".

La verità, la sola oscena verità che, in ore come queste, appare con tragica evidenza è che Roberto Saviano è un uomo solo. Non so se sia giusto dirlo già un uomo immaginando o pretendendo di rintracciare nella sua personalità, nella sua fermezza d'animo, nella sua stessa fisicità la potenza sorprendente e matura del suo romanzo, Gomorra. Roberto è ancora un ragazzo, a vederlo. Ha un corpo minuto, occhi sempre in movimento. Sa essere, nello stesso tempo, malizioso e insicuro, timidissimo e scaltro. La sua è ancora una rincorsa verso se stesso e lungo questo sentiero è stato catturato da uno straordinario successo, da un'imprevedibile popolarità, dall'odio assoluto e assassino di una mafia, dal rancore dei quietisti e dei pavidi, dall'invidia di molti. Saranno forse queste le ragioni che spiegano come nel suo volto oggi coabitino, alternandosi fraternamente, le rughe della diffidenza e le ombre della giovanile fiducia di chi sa che la gioia - e non il dolore - accresce la vita di un uomo. "Sai, questa bolla di solitudine inespugnabile che mi stringe fa di me un uomo peggiore. Nessuno ci pensa e nemmeno io fino all'anno scorso ci ho mai pensato. In privato sono diventato una persona non bella: sospettoso, guardingo. Sì, diffidente al di là di ogni ragionevolezza. Mi capita di pensare che ognuno voglia rubarmi qualcosa, in ogni caso raggirarmi, "usarmi". E' come se la mia umanità si fosse impoverita, si stesse immeschinendo. Come se prevalesse con costanza un lato oscuro di me stesso. Non è piacevole accorgersene e soprattutto io non sono così, non voglio essere così. Fino a un anno fa potevo ancora chiudere gli occhi, fingere di non sapere. Avevo la legittima ambizione, credo, di aver scritto qualcosa che mi sembrava stesse cambiando le cose. Quella mutazione lenta, quell'attenzione che mai era stata riservata alle tragedie di quella terra, quell'energia sociale che - come un'esplosione, come un sisma - ha imposto all'agenda dei media di occuparsi della mafia dei Casalesi, mi obbligava ad avere coraggio, a espormi, a stare in prima fila. E' la mia forma di resistenza, pensavo. Ogni cosa passava in secondo piano, diventava di serie B per me. Incontravo i grandi della letteratura e della politica, dicevo quello che dovevo e potevo dire. Non mi guardavo mai indietro. Non mi accorgevo di quel che ogni giorno andavo perdendo di me. Oggi, se mi guardo alle spalle, vedo macerie e un tempo irrimediabilmente perduto che non posso più afferrare ma ricostruire soltanto se non vivrò più, come faccio ora, come un latitante in fuga. In cattività, guardato a vista dai carabinieri, rinchiuso in una cella, deve vivere Sandokan, Francesco Schiavone, il boss dei Casalesi. Se lo è meritato per la violenza, i veleni e la morte con cui ha innaffiato la Campania, ma qual è il mio delitto? Perché io devo vivere come un recluso, un lebbroso, nascosto alla vita, al mondo, agli uomini? Qual è la mia malattia, la mia infezione? Qual è la mia colpa? Ho voluto soltanto raccontare una storia, la storia della mia gente, della mia terra, le storie della sua umiliazione. Ero soddisfatto per averlo fatto e pensavo di aver meritato quella piccola felicità che ti regala la virtù sociale di essere approvato dai tuoi simili, dalla tua gente. Sono stato un ingenuo. Nemmeno una casa, vogliono affittarmi a Napoli. Appena sanno chi sarà il nuovo inquilino si presentano con la faccia insincera e un sorriso di traverso che assomiglia al disprezzo più che alla paura: sono dispiaciuti assai, ma non possono.... I miei amici, i miei amici veri, quando li ho finalmente rivisti dopo tante fughe e troppe assenze, che non potevo spiegare, mi hanno detto: ora basta, non ne possiamo più di difendere te e il tuo maledetto libro, non possiamo essere in guerra con il mondo per colpa tua? Colpa, quale colpa? E' una colpa aver voluto raccontare la loro vita, la mia vita?".


Piacciono poco, da noi, i martiri. Morti e sepolti, li si può ancora, periodicamente, sopportare. Vivi, diventano antipatici. Molto antipatici. Roberto Saviano è molto antipatico a troppi. Può capitare di essere infastiditi dalla sua faccia in giro sulle prime pagine. Può capitare che ci si sorprenda a pensare a lui non come a una persona inseguita da una concreta minaccia di morte, a un ragazzo precipitato in un destino, ma come a una personalità che sa gestire con sapienza la sua immagine e fortuna. Capita anche in queste ore, qui e lì. E' poca, inutile cosa però chiedersi se la minaccia di oggi contro Roberto Saviano sia attendibile o quanto attendibile, più attendibile della penultima e quanto di più? O chiedersi se davvero quel Giuseppe Setola lo voglia disintegrare, prima di Natale, con il tritolo lungo l'autostrada Napoli-Roma o se gli assassini si siano già procurati, come dice uno di loro, l'esplosivo e i detonatori. O interrogarsi se la confidenza giunta alle orecchie delle polizie sia certa o soltanto probabile.
E' poca e inutile cosa, dico, perché, se i Casalesi ne avranno la possibilità, uccideranno Roberto Saviano. Dovesse essere l'ultimo sangue che versano. Sono ridotti a mal partito, stressati, accerchiati, incalzati, impoveriti e devono dimostrare l'inesorabilità del loro dominio. Devono poter provare alla comunità criminale e, nei loro territori, ai "sudditi" che nessuno li può sfidare impunemente senza mettere nel conto che alla sfida seguirà la morte, come il giorno segue la notte.

Lo sento addosso come un cattivo odore l'odio che mi circonda. Non è necessario che ascolti le loro intercettazioni e confessioni o legga sulle mura di Casale di Principe: "Saviano è un uomo di merda". Nessuno da quelle parti pensa che io abbia fatto soltanto il mio dovere, quello che pensavo fosse il mio dovere. Non mi riconoscono nemmeno l'onore delle armi che solitamente offrono ai poliziotti che li arrestano o ai giudici che li condannano. E questo mi fa incazzare. Il discredito che mi lanciano contro è di altra natura. Non dicono: "Saviano è un ricchione". No, dicono, si è arricchito. Quell'infame ci ha messo sulla bocca degli italiani, nel fuoco del governo e addirittura dell'esercito, ci ha messo davanti a queste fottute telecamere per soldi. Vuole soltanto diventare ricco: ecco perché quell'infame ha scritto il libro. E quest'argomento mette insieme la parte sana e quella malata di Casale. Mi mette contro anche i miei amici che mi dicono: bella vita la tua, hai fatto i soldi e noi invece tiriamo avanti con cinquecento euro al mese e poi dovremmo difenderti da chi ti odia e ti vuole morto? E perché, diccene la ragione? Prima ero ferito da questa follia, ora non più. Non mi sorprende più nulla. Mi sembra di aver capito che scaricando su di me tutti i veleni distruttivi, l'intera comunità può liberarsi della malattia che l'affligge, può continuare a pensare che quel male non ci sia o sia trascurabile; che tutto sommato sia sopportabile a confronto delle disgrazie provocate dal mio lavoro. Diventare il capro espiatorio dell'inciviltà e dell'impotenza dei Casalesi e di molti italiani del Mezzogiorno mi rende più obiettivo, più lucido da qualche tempo. Sono solo uno scrittore, mi dico, e ho usato soltanto le parole. Loro, di questo, hanno paura: delle parole. Non è meraviglioso? Le parole sono sufficienti a disarmarli, a sconfiggerli, a vederli in ginocchio. E allora ben vengano le parole e che siano tante. Sia benedetto il mercato, se chiede altre parole, altri racconti, altre rappresentazioni dei Casalesi e delle mafie. Ogni nuovo libro che si pubblica e si vende sarà per loro una sconfitta. E' il peso delle parole che ha messo in movimento le coscienze, la pubblica opinione, l'informazione. Negli anni novanta, la strage di immigrati a Pescopagano - ne ammazzarono cinque - finì in un titolo a una colonna nelle cronache nazionali dei giornali. Oggi, la strage dei ghanesi di Castelvolturno ha costretto il governo a un impegno paragonabile soltanto alla risposta a Cosa Nostra dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio. Non pensavo che potessimo giungere a questo. Non pensavo che un libro - soltanto un libro - potesse provocare questo terremoto. Subito dopo però penso che io devo rispettare, come rispetto me stesso, questa magia delle parole. Devo assecondarla, coltivarla, meritarmela questa forza. Perché è la mia vita. Perché credo che, soltanto scrivendo, la mia vita sia degna di essere vissuta. Ho sentito, per molto tempo, come un obbligo morale diventare un simbolo, accettare di essere al proscenio anche al di là della mia voglia. L'ho fatto e non ne sono pentito. Ho rifiutato due anni fa, come pure mi consigliavano, di andarmene a vivere a New York. Avrei potuto scrivere di altro, come ho intenzione di fare. Sono restato, ma per quanto tempo dovrò portare questa croce? Forse se avessi una famiglia, se avessi dei figli - come li hanno i miei "angeli custodi", ognuno di loro non ne ha meno di tre - avrei un altro equilibrio. Avrei un casa dove tornare, un affetto da difendere, una nostalgia. Non è così. Io ho soltanto le parole, oggi, a cui provvedere, di cui occuparmi. E voglio farlo, devo farlo. Come devo - lo so - ricostruire la mia vita lontano dalle ombre. Anche se non ho il coraggio di dirlo, ai carabinieri di Napoli che mi proteggono come un figlio, agli uomini che da anni si occupano della mia sicurezza. Non ho il cuore di dirglielo. Sai, nessuno di loro ha chiesto di andar via dopo quest'ultimo allarme, e questa loro ostinazione mi commuove. Mi hanno solo detto: "Robe', tranquillo, ché non ci faremo fottere da quelli là"".

A chi appartiene la vita di Roberto? Soltanto a lui che può perderla? Il destino di Saviano - quale saranno da oggi i suoi giorni, quale sarà il luogo dove sceglierà, "per il momento", di scrivere per noi le sue parole necessarie - sono sempre di più un affare della democrazia italiana.
La sua vita disarmata - o armata soltanto di parole - è caduta in un'area d'indistinzione dove sembra non esserci alcuna tradizionale differenza tra la guerra e la pace, se la mafia può dichiarare guerra allo Stato e lo Stato per troppo tempo non ha saputo né cancellare quella violenza sugli uomini e le cose né ripristinare diritti essenziali. A cominciare dal più originario dei diritti democratici: il diritto alla parola. Se perde Saviano, perderemo irrimediabilmente tutti.

martedì 14 ottobre 2008

Da domani aiutaci anche tu a riscrivere il futuro....


Nel mondo sono circa 37 milioni di persone i bambini e le bambine che non vanno a scuola perchè vivono in paesi colpiti da guerre o reduci da conflitti come Sudan o Afghanistan. Sono bambini che affrontano un futuro senza speranze. Perché la guerra distrugge le scuole, uccide gli insegnanti, produce popolazioni di sfollati ed eserciti di bambini soldato. Per far fronte a questo problema, domani Save the Children, la più grande organizzazione internazionale per la difesa dei diritti dell'infanzia, rilancia Riscriviamo il Futuro, la campagna internazionale che ha lo scopo di garantire entro il 2010 educazione di qualità a 8 milioni di bambini che vivono in questi paesi. Dal 15 ottobre al 13 novembre, potete contribuire alla campagna, mandando un sms solidale al numero 48545, grazie al quale si potranno donare 2 euro a Save the Children. Questa cifra è sufficiente, ad esempio, a comprare libri e matite per dieci bambini in Sudan. E l'istruzione è l'unica arma per combattere la guerra
Per ulteriori informazioni vai al sito www.riscriviamoilfuturo.it

lunedì 13 ottobre 2008

Eco-kids, piccoli fondamentalisti x la salvezza del pianeta

Tratto da Repubblica 13.10.2008...

Un attimo di distrazione, il rubinetto lasciato aperto mentre ci si lava i denti, la luce rimasta accesa nella stanza da cui si è usciti, e il piccolo ambientalista è pronto a rimproverarvi. "Eco-kids", li chiamano negli Stati Uniti, sono i bambini cresciuti con la paura che l'acqua presto finirà e che la produzione di energia elettrica minaccia la salute del mondo, infanti-guardiani del futuro dell'umanità. Sono tanto consapevoli dell'emergenza ambientale da far sentire anche il genitore più attento un inquinatore incallito e sono, soprattutto, capaci di indirizzare scelte e consumi di tutta la famiglia.

Una lezione imparata troppo bene. La psicologia dell'età evolutiva la chiama iper-regolarizzazione: è lo stesso meccanismo per cui quando i bambini imparano alcune regole grammaticali le applicano con rigore in ogni caso, come quando il participio passato di "rompere" diventa "romputo". Ecco, in alcuni casi ce le hanno proprio "rompute" con quell'aria da saccenti con cui guardano disgustati i giornali ammucchiati in casa ed esclamano "quanta carta sprecata!" e la diligenza con cui ci ricordano che il televisore va spento perché la spia rossa consuma elettricità.

Il merito-colpa è della scuola, che organizza attività nei centri di educazione ambientale e inserisce nei programmi di scienze lo sviluppo sostenibile e le energie rinnovabili. Non c'è da stupirsi, perciò, se il nipote di neanche otto anni disquisisce sul fatto che il buco dell'ozono si è di nuovo allargato nel 2007 ma non è tornato alle dimensioni tremende del 2005. Del resto, è lo stesso bambino che ha letto con entusiasmo lo scorso anno il Papersera, inserto di Topolino fatto come un vero giornale e sponsorizzato dall'Eni. L'inviato Pippo insegnava concetti come "riscaldamento globale" e "cambio climatico" e dava suggerimenti su come risparmiare energia con i piccoli accorgimenti quotidiani. I piccoli ambientalisti vedono cartoni animati come La gang del bosco e aspettano con ansia l'uscita dell'ultimo film della Pixar, Wall-E, parabola ecologica di un pianeta tanto inquinato da dover essere abbandonato. E poi riportano quel che imparano nella vita di tutti i giorni, con la semplicità intransigente propria della loro età.

Un mercato appetibile. Della disponibilità dei più giovani a farsi carico della salute del mondo si è accorto anche il marketing, per cui ora per vendere un prodotto è utile sottolineare il ridotto impatto ambientale e i risultati sono subito evidenti. C'è chi riferisce della bambina che accetta di farsi lavare i capelli solo con quel dato shampoo "che rispetta l'ambiente" e chi mettendo il tonno nel panino si è sentito chiedere dal figlio adolescente se era sicuro che fosse stato pescato rispettando i delfini.

Nei giorni scorsi il quotidiano statunitense New York Times denunciava il fatto che molti genitori si sentono sotto pressione perché le scelte ambientaliste dei figli li obbligano a spendere di più. Mamme esasperate raccontavano di aver dovuto cambiare tutte le lampadine di casa per dotarsi di quelle a basso consumo e altri di non poter passare davanti a un tetto dotato di pannelli solari senza sentirsi chiedere con insistenza di abbandonare al più presto il sistema di riscaldamento inquinante per passare al solare. "Mio figlio ci ha chiesto di comprare una macchina a idrogeno - era il racconto di uno dei genitori intervistati - e ha detto che non salirebbe mai su un Suv".

Negli Stati Uniti, la nazione che contribuisce di più al mondo alle emissioni di anidride carbonica e che fa più resistenza nel fissare limiti in proposito, l'insistenza degli "eco-kids" ha dato il via a una serie di critiche al sistema scolastico. C'è infatti chi sostiene che i bambini stanno diventando dei fondamentalisti dell'ecologismo e che si perde troppo tempo sull'educazione ambientale e si tralasciano materie più importanti. Sotto accusa sono finiti anche i distintivi applicati su alcune uniformi scolastiche per indicare che gli alunni partecipano a gruppi per la "Salute dell'ambiente", il "Patto per la Terra" o l'"Azione per il pianeta". In Italia gli "eco-kids" sono ancora poco organizzati e inquadrati, ma per fortuna riescono già a farsi ascoltare dagli adulti.

lunedì 6 ottobre 2008

ancora festareggio....



festareggio...la presa della cucina...

Dramma nella cucina del gambero rosso: dopo quasi trenta giorni di festa il cuoco Simone si è fatto fregare il posto da ben due persone... ce la farà a recuperare?

L'avvicinamento

La lotta

La presa della cucina


Simo riprende il posto e viene incoronato Re dei Primi piatti

Festareggio ultima sera...

In anteprima alcune foto dell'ultima sera di festareggio...





venerdì 3 ottobre 2008

"Disegnare la Terra"...

Campi che diventano spettro ottico e incanto visivo. Prospettive che rincorrono forme e colori. Ma sono disegni o foto? Sono i paesaggi di Langa e Roero, visti da un grande fotografo che ha voluto portare lo sguardo nei luoghi inediti più suggestivi. Ecco alcuni scatti dalla mostra "Disegnare la Terra", visitabile dal 4 ottobre al 9 novembre alla Fiera del Tartufo di Alba.


Monticello d'Alba


Case nuove

Magliano

giovedì 2 ottobre 2008

Naomi Klein sulla crisi economica statunitense....

Di seguito un articolo di Naomi Klein uscito sull'Espresso di questa settimana...

Peccato capitale
Lo danno per morto. Ma è un trucco. Il mercato risorgerà più forte di prima. E tutti pagheremo per le sue colpe. A meno che non si eserciti una forte pressione sulla politica. Tornando nelle piazze. Qualunque cosa stiano a significare gli eventi accaduti in queste settimane, nessuno dovrebbe credere alle dichiarazioni esagerate che vedono nella crisi dei mercati la morte dell'ideologia del libero mercato. L'ideologia del libero mercato ha sempre servito gli interessi del capitale e la sua presenza ha moti alterni secondo la sua utilità verso tali interessi.

Durante i periodi di boom economico è utile predicare il laissez faire, poiché un governo assente dà modo alle bolle speculative di gonfiarsi, facendo lievitare i prezzi. Quando tali bolle esplodono, l'ideologia diviene un ostacolo, o addirittura un impedimento, e viene messa da parte mentre i grandi governi corrono ai ripari. Il resto è garantito: l'ideologia tornerà a ruggire più forte di prima una volta terminate le operazioni di salvataggio finanziario.

I massicci debiti che il settore pubblico sta accumulando per salvare finanziariamente gli speculatori diventeranno allora parte di una crisi di budget globale che comporterà una razionalizzazione nonché un taglio dei programmi sociali, insomma una rinnovata spinta a privatizzare ciò che resta del settore pubblico. Ci verrà anche detto che le nostre speranze per un futuro verde sono, purtroppo, troppo costose.

Ciò che non sappiamo è come il settore pubblico risponderà. Consideriamo che in Nord America tutti coloro che hanno meno di 40 anni sono cresciuti con la consapevolezza che il governo non può intervenire nella propria vita, che il governo è il problema e non la soluzione, che il laissez faire è l'unica e la sola opzione.

Ora, improvvisamente ci troviamo di fronte a un governo estremamente attivo e fortemente interventista, apparentemente pronto a fare qualunque cosa sia necessaria per salvare gli investitori da loro stessi.

Di fronte a questo scenario una domanda sorge spontanea:
se lo Stato può intervenire per salvare le società di capitali che corrono incauti rischi nei mercati immobiliari, perché non può intervenire per evitare che a milioni di americani sia tolto il diritto di cancellare un'ipoteca?

Allo stesso modo, se 85 miliardi di dollari possono essere messi subito a disposizione per comprare il gigante assicurativo Aig, perché il sistema sanitario per tutti, che proteggerebbe gli americani dalle pratiche predatorie delle società di assicurazione sanitaria, viene fatto apparire come un sogno irraggiungibile?

E se altre società di capitali necessitano di fondi dei contribuenti per rimanere a galla, perché i contribuenti non possono fare richieste in cambio, ad esempio tetti sugli stipendi dei manager e una garanzia contro la perdita del posto di lavoro? Ora che è chiaro che il governo può agire in tempi di crisi, sarà molto difficile in futuro per il governo sostenere la propria impotenza.

Un altro possibile cambiamento ha a che fare con le aspettative del mercato di future privatizzazioni. Per anni, le banche che si occupano di investimenti a livello globale hanno esercitato pressioni sui politici per due nuovi mercati: uno che deriverebbe dalla privatizzazione delle pensioni pubbliche e l'altro che scaturirebbe da una nuova ondata di privatizzazioni dei sistemi idrico e stradale. Entrambi questi sogni sono diventati piuttosto difficili da vendere: gli americani non sono in vena di affidare i propri beni patrimoniali, individuali e collettivi, agli speculatori sconsiderati di Wall Street, specialmente perché è alquanto probabile che i contribuenti dovranno ricomprare i propri beni quando esploderà la prossima bolla finanziaria.

Con il fallimento dei negoziati del Wto (World Trade Organization), questa crisi potrebbe anche funzionare da catalizzatore per un approccio radicalmente alternativo alla regolamentazione dei mercati mondiali e dei sistemi finanziari.

Gia stiamo assistendo a un movimento verso la 'sovranità alimentare' nei paesi in via di sviluppo, piuttosto che lasciare l'accesso al cibo ai capricci dei commercianti all'ingrosso. Forse i tempi sono maturi per idee quali il taxing trading, che rallenterebbe gli investimenti speculativi e altri controlli di capitali a livello globale.

E ora che la nazionalizzazione non è più una parolaccia, le compagnie petrolifere dovranno fare attenzione: qualcuno deve pagare per il cambiamento verso un futuro più sostenibile e ha senso ancor più per il volume di fondi provenienti da un settore altamente proficuo che è il maggior responsabile della nostra crisi ambientale e climatica. Ha certamente più senso che creare un'altra pericolosa bolla finanziaria nel commercio del carbone.

Tuttavia la crisi cui stiamo assistendo esige cambiamenti persino più profondi. A questi mutui spazzatura è stato permesso di proliferare non solo perché i moderatori-correttori non ne comprendevano i rischi, ma anche perché abbiamo un sistema economico che misura il nostro benessere collettivo basandosi esclusivamente sulla crescita del Pil.

Così, finché i mutui spazzatura foraggiavano la crescita economica, i nostri governi li sostenevano attivamente. Quindi ciò che veramente viene chiamato in causa dalla crisi è l'indiscussa dedizione alla crescita a tutti i costi. Dove questa crisi dovrebbe condurci è verso un modo radicalmente diverso per la nostra società di misurare il benessere e il progresso.

Niente di tutto questo, comunque, accadrà a meno di un'enorme pressione dell'opinione pubblica sulla classe politica in questo periodo chiave. E non una lieve pressione politica, bensì un ritorno alle piazze e all'azione diretta che negli anni Trenta inaugurò il New Deal. Senza questa pressione, ci saranno solo cambiamenti superficiale e un ritorno, il prima possibile, al business di sempre.